Come bolle di sapone

A Giuditta piace fermarsi sulla riva del fiume a fissare le bolle di sapone, specie quelle prodotte dall’uomo col cappello, meravigliosamente grandi e dai colori d’arcobaleno. Si può perdere per ore, ammirando la piscinetta azzurra colma di acqua e sapone, per la maggior parte sparsi a terra, a dipingere il cemento dei colori del cielo.

E’ sempre circondata solo e soltanto da bambini in festa, che giocano a romperle, una dopo l’altra…forse perché, in fondo, le bolle di sapone sono cosa da bambini, no?

Ma quei bambini non sanno che anche Giuditta è una delicata bolla di sapone, uno di quei vasi estremamente preziosi e costosi, con la grande scritta “FRAGILE”, in inchiostro nero, su uno dei lati della scatola nella quale vengono trasportati. Giuditta è talmente elegante ed esile nell’animo che certe volte puoi vederla librare in aria, come un puro gabbiano dalle grandi ali bianche.

Ho avuto la fortuna di vederla prendere il volo, un mattino di primavera, quando ancora il sole si stropicciava gli occhi tra le sue coperte fatte di nuvole candide e soffici. Era maestosa, immensa, quasi a rassomigliare un’aquila, per splendore e magnificenza. Era sola, come spesso accade, e la flebile luce mattutina le si rifletteva sulle piume, creando arcobaleni del tutto simili a quelli prodotti dalle bolle di sapone.

Sarà per quello che lei le ama tanto, mi sono chiesta?

Giuditta, a differenza dei bambini eccitati sulle rive del fiume, le bolle di sapone non le rompe mai. Sarebbe come far svanire un sogno, pensa lei, uno di quelli nati in un pomeriggio d’inverno, dove i colori delle bolle di sapone sono gli unici a rasserenare il cielo cupo e grigio e ad aprire uno squarcio di sereno anche nel suo cuore. Ecco perché vedere l’acqua che si riversa a terra, scivolando via senza lasciare che una macchia scura sul cemento, le ha sempre fatto tristezza. Ogni volta si sente un po’ morire dentro, ogni volta è come se una parte di lei se ne andasse, se una goccia dei suoi sentimenti si infrangesse a terra, producendo un leggero eco di frastuono all’interno del suo cuore.

Ma non è solo questo.

Giuditta le bolle di sapone le ama perché ci può vedere l’anima delle persone riflessa. Le ricordano i pomeriggi passati a passeggiare con il suo ragazzo, in quel meraviglioso parco al centro di Londra. Era una domenica di metà marzo, avevano fatto colazione in quella pasticceria all’angolo della via dove abitavano, rivolti verso i “Quays“, ammirandone le barchette della scuola di vela prendere il largo, un po’ goffamente, soprattutto quelle dei principianti. Lei aveva ordinato un cappuccino ed una brioche con la crema di mandorle. Per lui invece, solo un caffè. E questo avrebbe dovuto dirla lunga sulla loro relazione.

“Non ti fidare di chi non fa colazione al mattino” – le diceva sempre la nonna.

Ma lei si era fidata comunque, testarda e dritta verso il suo obiettivo, come un gabbiano in picchiata, diretto verso il fiume, dopo aver visto un succoso pescetto sguazzarci dentro.

Si era sbagliata, si…ma se ne era anche accorta.

E fu durante quella stessa mattina, dopo aver visto il volto del suo ragazzo riflesso in una bolla di sapone, che lui stesso aveva, cinque secondi dopo, scoppiato, che capì tutto.

Le anime gentili non scoppiano le bolle di sapone, le lasciano volare in cielo, sospese dall’aria e dal vento, volteggiare riflettendo tutto ciò che le circonda, sino a perdersi nel punto più alto della città, lasciando sotto di esse soltanto stupore e meraviglia.

Giuditta era decisamente una bolla di sapone, quel giorno lo era stata più che mai.